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Santi del 18 Agosto

Il mio Santo > I Santi di Agosto

*Sant'Agapito - Martire (18 Agosto)

m. Palestrina, 18 agosto 274
Sant'Agapito martire, patrono della città e della Diocesi di Palestrina.
Patronato: Palestrina (RM)
Etimologia: Agapito = amabile, dal greco
Martirologio Romano: A Palestrina nel Lazio, Sant’Agapíto, martire.  
Agapito, probabilmente membro della nobile famiglia Anicia della città di Palestrina, ricevette il dono della fin dagli inizi della sua vita, grazie alla predicazione di S. Pietro che sicuramente si recò ad evangelizzare l'antica Praeneste patria del famosissimo tempio della Fortuna Primigenia.
All'età di 15 anni affrontò coraggiosamente il crudele martirio sotto l'imperatore Aureliano e il prefetto Antioco.
Morì decapitato fuori della città il 18 agosto 274.
Parlano di Sant'Agapito i più antichi sacramentari,
tra cui quello Gelasiano e Gregoriano, e anche i più antichi martirologi, come il Gerominiano, il Fuldense e il Romano.
É quest'ultimo, che così riporta la notizia del martirio del santo il 18 agosto: "In Praeneste, dies natalis (nascita al cielo) si Sant'Agapito martire, che essendo di 15 anni e ardendo di amore per Cristo, per ordine di Aureliano, fu steso sull'éculeo e battuto a lungo con crudi flagelli; poi sotto Antioco prefetto, soffrì supplizi ancora più crudeli, e in ultimo, essendo esposto ai leoni e non riportando alcun danno, con il taglio della testa ricevette la corona".
Nel luogo del martirio, intorno al IV sec., fu edificata una Basilica in suo onore della quale oggi si conservano solo alcuni resti e, successivamente, venne costruito un piccolo cimitero dove i fedeli, che desideravano riposare accanto al sepolcro del martire, venivano tumulati.
Il corpo di Sant'Agapito, in data incerta, venne poi traslato nel Duomo di Palestrina.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Agapito, pregate per noi.

*Sant'Alberto Hurtado Cruchaga - Religioso della Compagnia di Gesù  (18 Agosto)

Vina del Mar, Cile, 22 gennaio 1901 - Santiago del Cile, 18 agosto 1952
Sin da ragazzo aveva dovuto subire sulla propria carne le difficili condizioni del povero nella vita quotidiana.
Rimasto giovanissimo orfano del padre, la madre dovette inviare i figli presso parenti.
Alberto, di pronta intelligenza e forte volontà, lavorava al pomeriggio e spesso anche alla sera per contribuire al mantenimento della famiglia.
Rimandò l'entrata nella Compagnia di Gesù, perché senti primario l'obbligo di offrire al suo più vicino prossimo, i familiari, il pane quotidiano.
Compie gli studi presso la facoltà di legge e riesce a laurearsi nel 1923 in ancora giovane età; entra quindi nel noviziato della Compagnia di Gesù a Córdoba, in Argentina.
Si lega alla Compagnia in maniera completa, vivendo la comunità come una famiglia in cui il singolo esplica la sua utile azione come ricerca e miglioramento interiore.
Completa gli studi di filosofia e teologia in Spagna e a Lovanio, in Belgio, dove nel 1933 viene ordinato sacerdote.
Ritornato nel 1936 in Cile, gli vengono assegnati vari incarichi all'interno dell'Ordine e anche a livello pastorale esterno.
Nel 1944, preoccupato ed attento alle difficoltà sociali delle classi di diseredati, avviò l'iniziativa dell'Hogar de Cristo.
In piena attività una malattia incurabile lo colse e stroncò la sua esistenza all'età di cinquantuno anni.

Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco
Martirologio Romano: A Santiago nel Cile, Beato Alberto Hurtado Cruchaga, sacerdote della Compagnia di Gesù, che fondò un’opera per dare un vera casa ai senza tetto e ai vagabondi, soprattutto bambini.
Suo padre muore e la famiglia va in rovina quando lui ha quattro anni e un fratello è più piccolo.
La madre, per pagare i debiti, deve vendere tutto, anche la casa, e i due bambini si ritrovano “senza fissa dimora”.
Vengono accolti qua e là in casa di parenti, sempre in maniera temporanea, sempre estranei.
Per Alberto arriva provvidenziale una borsa di studio, con un posto nel collegio dei Gesuiti in Santiago.
Ma non dimenticherà più gli anni dell’abbandono, la vita da “figlio di nessuno”. Appena può, aiuta la madre e il fratello facendo lo studente-lavoratore, e si laurea in legge nell’agosto 1923, a 22 anni.
Ma non sarà avvocato né magistrato.Già da ragazzo pensava di entrare nella Compagnia di Gesù: e, poche settimane dopo la laurea, eccolo infatti accolto per il noviziato nella casa dei Gesuiti a Chillán (Cile centrale).
Il lungo corso dei suoi studi prosegue poi in Argentina, in Spagna e infine a Lovanio, in Belgio.
Qui viene ordinato sacerdote nel 1933, e due anni dopo si laurea anche in pedagogia.
Ritorna in patria all’inizio del 1936; un momento difficile.
Durante la dittatura di Carlos Ibañez del Campo (1925-1931), il Cile ha risentito in modo durissimo della crisi mondiale scoppiata nel 1929.
L’esportazione del rame, principale risorsa del Paese, era scesa a meno della metà, e due terzi dei minatori avevano perduto il posto: un lungo periodo di drammatica depressione, aspettando una ripresa che sembrava non venire mai, da un presidente all’altro, da un governo all’altro.
Padre Hurtado può rivedere sé stesso nei tanti bambini spinti a vagare nelle strade dalla miseria che ha disgregato le famiglie.
E così, nel 1944, da studioso si fa uomo di azione. Lancia appelli e mobilita coscienze, per restituire in qualche modo ciò che la crisi ha tolto a tanti infelici.
Si tratta non solo di portare aiuto, ma di restituire dignità e speranza.
Dà vita a un piano di costruzioni abitative per questi emarginati, ma in forma nuova: i bambini, i vecchi, i diseredati devono vedersi aprire non già un ospizio, ma una vera casa.
Come ha scritto un suo biografo, si tratta di offrire a tutti "non solo un luogo in cui vivere, ma un vero focolare domestico, El Hogar de Cristo".
Li chiama ad abitare in casa di Gesù, e per fare case su misura viaggia all’estero, promuove studi, va in cerca di esperienze, si occupa di edilizia e di arredo.
Molti lo aiutano, perché molti sono stati formati da lui attraverso predicazione, conferenze, iniziative sindacali, attività in mezzo ai giovani.
Il “focolare di Cristo” si modella sulle necessità, e può dunque essere anche centro sanitario, scuola, luogo di formazione professionale.
Ma il tempo di padre Alberto Hurtado Cruchada si fa scarso: resta sempre capace di sorridere, ma il suo viso è sempre più scavato: lo ha aggredito un cancro devastante, che spegne la sua vita a soli 51 anni.
Giovanni Paolo II lo ha proclamato Beato il 14 ottobre 1994.
Papa Benedetto XVI, nella sua prima cerimonia di canonizzazione, lo ha proclamato Santo il 23 ottobre 2005 in piazza San Pietro.

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alberto Hurtado Cruchaga, pregate per noi.

*Beato Antonio Banassat - Martire (18 Agosto)

Martirologio Romano: In una galera ancorata al largo di Rochefort in Francia, Beato Antonio Banassat, sacerdote e martire, che, parroco, imprigionato in odio alla fede durante la rivoluzione francese, passò al Signore consunto dagli stenti.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Banassat, pregate per noi.

*Beati Domenico de Molinar e Gaspare di Salamanca - Mercedari (18 Agosto)
XV secolo
I Beati Domenico de Molinar e Gaspere di Salamanca, mercedari spagnoli, predicarono la fede cristiana nel regno di Granada e liberarono 293 schiavi dalla prigionia dei mori nell'anno 1419.
Dopo una vita colma di sante opere, con tanti meriti raggiunsero la felicità eterna del Signore.
L'Ordine li festeggia il 18 agosto.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Domenico de Molinar e Gaspare di Salamanca, pregate per noi.

*Sant'Elena - Madre di Costantino (18 Agosto)

Drepamim (Bitinia), III sec. – ? † 330 ca.
Di famiglia plebea, Elena venne ripudiata dal marito, il tribuno militare Costanzo Cloro, per ordine dell'imperatore Diocleziano.
Quando il figlio Costantino, sconfiggendo il rivale Massenzio, divenne padrone assoluto dell'impero, Elena, il cui onore venne riabilitato, ebbe il titolo più alto cui una donna potesse aspirare, quello di «Augusta».
Fu l'inizio di un'epoca nuova per il cristianesimo: l'imperatore Costantino, dopo la vittoria
attribuita alla protezione di Cristo, concesse ai cristiani la libertà di culto.
Un ruolo fondamentale ebbe la madre Elena: forse è stata lei a contribuire alla conversione, poco prima di morire, del figlio.
Elena testimoniò un grande fervore religioso, compiendo opere di bene e costruendo le celebri basiliche sui luoghi santi.
Ritrovò la tomba di Cristo scavata nella roccia e poco dopo la croce del Signore e quelle dei due ladroni.
Il ritrovamento della croce, avvenuta nel 326 sotto gli occhi della pia Elena, produsse grande emozione in tutta la cristianità.
A queste scoperte seguì la costruzione di altrettante basiliche, una delle quali, sul monte degli Olivi, portò il suo nome. Morì probabilmente intorno al 330. (Avvenire)

Etimologia: Elena = la splendente, fiaccola, dal greco
Martirologio Romano: A Roma sulla via Labicana, Santa Elena, madre dell’imperatore Costantino, che si adoperò con singolare impegno nell’assistenza ai poveri; piamente entrava in chiesa mescolandosi alle folle e in un pellegrinaggio a Gerusalemme alla ricerca dei luoghi della Natività, della Passione e della Risurrezione di Cristo onorò il presepe e la croce del Signore costruendo venerande basiliche.
Nell’iconografia, specie orientale, Sant'Elena è raffigurata spesso insieme al figlio l’imperatore Costantino e ambedue posti ai lati della Croce.
Perché il grande merito di Elena fu il ritrovamento della Vera Croce e di Costantino il merito di aver data libertà di culto ai cristiani, che per trecento anni erano stati perseguitati ed uccisi a causa della loro fede.
Di Elena i dati biografici sono scarsi, nacque verso la metà del III secolo forse a Drepamim in Bitinia, cittadina a cui fu dato il nome di Elenopoli da parte di Costantino, in onore della madre.
Elena discendeva da umile famiglia e secondo Sant'Ambrogio, esercitava l’ufficio di "stabularia" cioè locandiera con stalla per gli animali e qui conobbe Costanzo Cloro ufficiale romano, che la sposò nonostante lei fosse di grado sociale inferiore, diventando così moglie "morganatica".
Nel 280 ca. a Naisso in Serbia, partorì Costantino che allevò con amore; ma nel 293 il marito Costanzo divenne "cesare" e per ragioni di Stato dovette sposare Teodora, figliastra dell’imperatore Massimiano Erculeo; Elena Flavia fu allontanata dalla corte e umilmente rimase nell’ombra.
Il figlio Costantino venne allevato alla corte di Diocleziano (243-313) per essere educato ad un futuro di prestigio; in virtù del nuovo sistema politico della tetrarchia, nel 305 Costanzo Cloro divenne imperatore e Costantino lo seguì in Britannia nella campagna di guerra contro i Pitti; nel 306 alla morte del padre, acclamato dai soldati ne assunse il titolo e il comando.
Divenuto imperatore, Costantino richiamò presso di sé Elena sua madre, dandole il titolo di ‘Augusta’, la ricoprì di onori, dandole libero accesso al tesoro imperiale, facendo incidere il suo nome e la sua immagine sulle monete.
Di queste prerogative Elena Flavia Augusta ne fece buon uso, beneficò generosamente persone di ogni ceto e intere città, la sua bontà arrivava in soccorso dei poveri con vesti e denaro; fece liberare molti condannati dalle carceri o dalle miniere e anche dall’esilio.
Fu donna di splendida fede e quanto abbia influito sul figlio, nell’emanazione nel 313 dell’editto di Milano che riconosceva libertà di culto al cristianesimo, non ci è dato sapere.
Ci sono due ipotesi storiche, una di Eusebio che affermava che Elena sia stata convertita al cristianesimo dal figlio Costantino e l’altra di Sant'Ambrogio che affermava il contrario; certamente deve essere stato così, perché Costantino ricevé il battesimo solo in punto di morte nel 337.
Ad ogni modo Elena visse esemplarmente la sua fede, nell’attuare le virtù cristiane e nel praticare le buone opere; partecipava umilmente alle funzioni religiose, a volte mischiandosi in abiti modesti
tra la folla dei fedeli; spesso invitava i poveri a pranzo nel suo palazzo, servendoli con le proprie mani.
Tenne un atteggiamento prudente, quando ci fu la tragedia familiare di Costantino, il quale nel 326 fece uccidere il figlio Crispo avuto da Minervina, su istigazione della matrigna Fausta e poi la stessa sua moglie Fausta, sospettata di attentare al suo onore.
E forse proprio per questi foschi episodi che coinvolgevano il figlio Costantino, a 78 anni nel 326, Elena intraprese un pellegrinaggio penitenziale ai Luoghi Santi di Palestina.
Qui si adoperò per la costruzione delle Basiliche della Natività a Betlemme e dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi, che Costantino poi ornò splendidamente.
La tradizione narra che Elena, salita sul Golgota per purificare quel sacro luogo dagli edifici pagani fatti costruire dai romani, scoprì la vera Croce di Cristo, perché il cadavere di un uomo messo a giacere su di essa ritornò miracolosamente in vita.
Questo episodio leggendario è stato raffigurato da tanti artisti, ma i più noti sono i dipinti nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma e nel famoso ciclo di San Francesco ad Arezzo di Piero della Francesca.
Insieme alla Croce furono ritrovati anche tre chiodi, i quali furono donati al figlio Costantino, forgiandone uno nel morso del suo cavallo e un altro incastonato all’interno della famosa Corona Ferrea, conservata nel duomo di Monza.
L’intento di Elena era quello di consigliare al figlio la moderazione ed indicargli che non c’è sovrano terreno che non sia sottoposto a Cristo; inoltre avrebbe indotto Costantino a costruire la Basilica dell’Anastatis, cioè della Resurrezione.
Elena morì a circa 80 anni, assistita dal figlio, verso il 329 in un luogo non identificato; il suo corpo fu però trasportato a Roma e sepolto sulla via Labicana “ai due lauri”, oggi Torpignattara; posto in un sarcofago di porfido, collocato in uno splendido mausoleo a forma circolare con cupola.
Fu da subito considerata una Santa e con questo titolo fu conosciuta nei secoli successivi; i pellegrini che arrivavano a Roma non omettevano di visitare anche il sepolcro di Sant'Elena, situato tangente al portico d’ingresso della Basilica dei Santi Marcellino e Pietro.
Il grandioso sarcofago di porfido fu trasportato nell’XI secolo al Laterano e oggi è conservato nei Musei Vaticani.
Il suo culto si diffuse largamente in Oriente e in Occidente, l’agiografo Usuardo per primo ne inserì il nome nel suo ‘Martirologio’ al 18 agosto e da lì passò nel ‘Martirologio Romano’ alla stessa data; in Oriente è venerata il 21 maggio insieme al figlio San Costantino imperatore.
Gli strumenti della Passione da lei ritrovati, furono custoditi e venerati nella Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, da lei fatta costruire per tale scopo, le sue reliquie hanno avuto una storia a parte, già dopo due anni dalla sepoltura a Roma, il corpo fu trasferito a Costantinopoli e posto nel mausoleo che l’imperatore aveva preparato per sé.
Poi le notizie discordano, una prima tradizione dice che nell’840 il presbitero Teogisio dell’abbazia di Hauvilliers (Reims) trasferì le reliquie in Francia; una seconda tradizione afferma che verso il 1140 Papa Innocenzo II le trasferì nella Basilica romana dell’Aracoeli e infine una terza tradizione dice che il canonico Aicardo le portò a Venezia nel 1212.
È probabile che il percorso sia stato Roma - via Labicana, poi Reims e dopo la Rivoluzione Francese le reliquie siano state definitivamente collocate nella Cappella della Confraternita di Santa Croce nella chiesa di Saint Leu di Parigi; qualche reliquia deve essere giunta negli altri luoghi dell’Aracoeli a Roma e a Venezia.
Sant' Elena è la santa patrona di Pesaro e Ascoli Piceno, venerata con culto speciale anche in Germania, a Colonia, Treviri, Bonn e in Francia ad Elna, che in origine si chiamava “Castrum Helenae”.
Inoltre è considerata la protettrice dei fabbricanti di chiodi e di aghi; è invocata da chi cerca gli oggetti smarriti; in Russia si semina il lino nel giorno della sua festa, affinché cresca lungo come i suoi capelli.
Nel più grande tempio della cristianità, S. Pietro in Vaticano, Sant'Elena è ricordata con una colossale statua in marmo, posta come quelle di Sant'Andrea, la Veronica, San Longino, alla base dei quattro enormi pilastri che sorreggono la cupola di Michelangelo e fanno da corona all’altare della Confessione, sotto il quale c’è la tomba dell’apostolo Pietro.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Elena, pregate per noi.

*Sant'Eonio di Arles - Vescovo  (18 Agosto)

Martirologio Romano: Ad Arles nella Provenza in Francia, Sant’Eonio, vescovo, che difese la sua Chiesa dall’eresia pelagiana e raccomandò al suo popolo come suo successore San Cesario, che egli aveva ordinato sacerdote.
Imparentato con san Cesario e suo concittadino, succedette a san Leonzio, vescovo di Arles, che era ancora vivente nel 475. Papa san Gelasio I gli indirizzò una lettera per l'episcopato della Gallia.
Il papa Anastasio II (496-98) aveva determinato i diritti rispettivi delle provincie di Vienne e di Arles, in modo pregiudizievole a quest'ultima ed Eonio fece valere il suo punto di vista: il papa Simmaco gli ordinò (499) di inviare a Roma un rappresentante congiuntamente con quello di Vienne.
Arles recuperò i suoi diritti (500).
Eonio ebbe corrispondenza con san Ruricio, vescovo di Limoges, tre lettere del quale a lui indirizzate ci sono pervenute. Si occupò della vita monastica, e a capo di uno dei suoi monasteri pose Cesario, che aveva lasciato Lérins per ragioni di salute.
Lo ordinò prete e lo volle come suo successore: espresse questa sua volontà al clero, ai migliori dei suoi fedeli e al re visigoto di Tolosa, Alarico.
Morì verosimilmente nel 502.
Le diocesi di Arles e di Aix celebrano la festa di san Eonio il 18 agosto; i martirologi antichi e il Martirologio Romano non lo menzionano affatto.

(Autore: Paul Viard - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eonio di Arles, pregate per noi.

*San Firmino di Metz - Vescovo   (18 Agosto)
Martirologio Romano: A Metz nella Gallia belgica, in Francia, San Firmino, vescovo.
San Firmino è l’undicesimo vescovo di Metz.
Nella cronotassi ufficiale dei vescovi della diocesi succede a Sant’Adelfo e precede San Leonzio.
La sua posizione è stata assegnata dal più antico catalogo dei vescovi della città, compilato intorno al 776 e giunto ai nostri giorni nel cosiddetto “Sacramentario” di Drogone, vescovo di Metz tra gli anni 823 e 855.
Di lui sappiamo ben poco. Infatti, sono pochissime le notizie sulla sua vita.
San Firmino si presume fosse greco di origine, e che governò la diocesi sul finire del IV e l’inizio del V Secolo.
Sembra sia stato vescovo per quindici anni, e che sia morto un 18 agosto, in un anno imprecisato.
Il suo corpo fu sepolto nella cripta della chiesa di San Clemente. I suoi resti furono traslati nella parte superiore dell’edificio, dove furono venerati fino alla fine del Settecento. Le sue reliquie, dopo quell’epoca, come in tanti altri casi, andarono distrutte.
La festa di San Firmino, nel proprio di Metz è fissata nel giorno 18 agosto.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Firmino di Metz, pregate per noi.

*San Floro - Martire (18 Agosto)

Etimologia: Floro = fiore, appartenente alla dea Flora, dal latino
Emblema: Palma
I gemelli Floro e Lauro erano stati istruiti nell'arte della scultura.
Proclo e Massimo erano stati i loro maestri.
Lasciarono Bisanzio, città natale, per portarsi nella regione della Dardania, che è nell'Illiria e si
stabilirono ad Ulpiano, dove esercitarono la loro arte presso il preside Licone.
Vennero chiamati da Licinio per la costruzione di un tempio agli dei.
Un giorno Alessandro, figlio di Anastasio, sacerdote pagano, mentre assisteva alla costruzione, per puro caso, fu colpito da una scheggia in un occhio.
Floro e Lauro istruirono nella fede di Cristo Alessandro e quando lo trovarono arrendevole ad accettare la religione cristiana operarono il miracolo col dare la vista all'occhio offeso.
Tale fu l'ammirazione del padre per tale prodigio, che egli stesso si convertì alla religione cattolica.
Terminata la costruzione del tempio Floro e Lauro riuniti i cristiani del luogo, di notte tempo con candele accese si recarono al tempio e portando innanzi la croce.
Licinio saputa la cosa propose il perdono se avessero sacrificato agli dei.
Avendo avuto un energico rifiuto furono flagellati e il pavimento fu cosparso del loro sangue; successivamente furono gettati un un pozzo.

(Autore: Enzo Genovese – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Floro, pregate per noi.

*Beato Francesco Arias Martin - Martire (18 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Fatebenefratelli” - Senza Data
(Celebrazioni singole)
“Martiri della Guerra di Spagna” - Senza Data
(Celebrazioni singole)

Martirologio Romano: A Valdemoro vicino a Madrid in Spagna, Beato Francesco Arias Martín, sacerdote e martire, che, novizio nell’Ordine di San Giovanni di Dio, in epoca di persecuzione compì in breve tempo il suo cammino di perfezione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Francesco Arias Martin, pregate per noi.

*San Franco - Venerato a Francavilla a Mare  (18 Agosto)

Monaco, forse italo-greco, venne in Abruzzo, tra la fine del sec. X e l'inizio dell'XI, dagli estremi confini della Calabria, per sfuggire alle frequenti incursioni saracene, insieme con sei confratelli e con Ilarione, loro archimandrita.
Morto questi, i sette, dapprima stabilitisi nella valle dell'Aventino, tra Casoli e Civitella Messer Raimondo, in un luogo detto Prata (o Plata), il cui prezzo fu questuato e pagato al conte di Chieti, non riuscendo ad eleggere un nuovo abate, si separarono, ritirandosi ciascuno in una località prescelta, per lo più tra gli anfratti e le caverne dei massicci appenninici del chietino e della Marsica.
Nicola, detto greco, è sepolto e venerato a Guardiagrele (Chieti), Rinaldo a Fallascoso (Chieti), Falco a Palena (Chieti), Stefano, detto il luto nell'eremo celestino di S. Spirito a Majella (Pescara), Giovanni nella Badia di S. Giovanni in Venere, a Fossacesia (Chieti), Orante ad Ortucchio (L'Aquila).
Franco è venerato quale compatrono di Francavilla a Mare, ridente cittadina adriatica in provincia di Chieti.
Sotto il pontificato di Leone XIII la S. Congregazione dei Riti approvò il culto reso ai sette, anteriore ad Urbano VIII.
L'interesse per questa, come per le altre citate figure di santi, è di natura folkloristica e letteraria piuttosto che agiografica.
Dall'insolita immigrazione di alcuni monaci, che si chiamavano tra di loro "fratelli" e morirono tutti in fama di santità, nacque la leggenda, un tempo assai diffusa nel volgo abruzzese, dei "sette santi fratelli", leggenda che proliferò in altre spropositate dinastie di Santi, disparatissimi tra loro per origine ed età.
L'unico scritto su Franco, peraltro completamente fantastico, è un bozzetto giovanile di Gabriele D'Annunzio, libro che per volontà dell'autore fu escluso dalle sue Opera Omnia (ultima ed., Milano 1932). La sagra paesana in suo onore si celebra, presso la bella modernissima chiesa, il 18 agosto.

(Autore: Luciano Tosti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Franco, pregate per noi.

*Beati Giacomo Falgarona Vilanova e Atanasio Vidaurreta Labra - Martiri (18 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartengono:
“Beati Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro” - Senza Data (Celebrazioni singole)
+ Barbastro, Spagna, 18 agosto 1936
Jaime Falgarona Vilanoova. Nato a Argelaguer (Girona) i1 6 agosto 1912.
Ucciso a Barbastro il 18 agosto 1936. Studente, 24 anni.
Era devoto e disponibile, buono e pacifico.
Fedele alla vita spirituale, si impegnava nella pratica delle virtù religiose e nella preparazione all'apostolato.
Atanasio Vidaurreta Labra.
Nato a Adiós (Navarra) il 2 maggio 1911. Ucciso a Barbastro il 18 agosto 1936.
Studente, 25 anni.
Gentile, cordiale, paziente e profondamente caritatevole, si sforzò di praticare le virtù religiose.
Era ansioso di perfezionarsi nell'apostolato.

Martirologio Romano: A Barbastro vicino a Huesca nell’Aragona in Spagna, Beati Giacomo Falgarona Vilanova e Atanasio Vidaurreta Labra, religiosi della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria e martiri nella medesima persecuzione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Bb.Giacomo Falgarona Vilanova e Atanasio Vidaurreta Labra, pregate per noi.

*San Giovanni di Rila - Anacoreta (18 Agosto)  
Skrino, Bulgaria, 876 circa - Rila, Bulgaria, 18 agosto 946
San Giovanni, anacoreta del Monte Rila, meglio noto come Ivan Rilski, è il santo più amato dal popolo bulgaro. Nato a Skrino verso l’anno 876 da una famiglia cristiana molto ricca. Quando rimase orfano, Giovanni distribuì tutti i beni ereditati ai poveri ed ai malati per divenire monaco.
Abbandonò dunque il paese natio con addosso solo una veste di pelle e si stabilì su una montagna alta e deserta, ove rimase a vivere in una capanna fatta di ramoscelli, nutrendosi esclusivamente di piante selvatiche.
Dopo qualche tempo dei briganti lo cacciarono ed il santo trovò allora una grotta profonda in cui abitò per altri dodici anni.
Dalla grotta si trasferì poi nel deserto di Rila in una tana scavata in un albero. Pregava continuamente, si nutriva di erba e non aveva alcun modo di incontrare altre persone. Un giorno alcuni pecorai scoprirono il suo nascondiglio e fu così che si sparse la voce: la sua fama crebbe e tanta gente volle andarlo a trovare.
Per sfuggire ai visitatori l’eremita abbandonò la sua quercia e si trasferì su una rupe alta ed inaccessibile.
Qui egli trascorse sette anni sotto il cielo aperto, esposto a tutte le intemperie e pregando incessantemente. La sua fama colpì anche lo zar bulgaro San Pietro, che avrebbe anch’egli voluto incontrarlo, ma il santo rifiutò.
Il luogo scelto dal santo come eremitaggio attrasse ben presto dei discepoli, che diedero vita al celeberrimo Monastero di Rila, dedicato alla Vergine Ossenovitza, cioè Protettrice. Qui Giovanni rese l’anima a Dio il 18 agosto 946.
La fama di questo grande santo non cessò di crescere anche dopo la sua morte e si diffuse nelle nazioni vicine. Il suo corpo fu traslato con tutti gli onori a Sredez (Sofia) e collocato nella chiesa di San Luca. Nel 1183 le sue spoglie furono portate ad Estergom dal re ungherese Bela III. Restituite in seguito in un feretro d’oro, furono nuovamente conservate a Sofia e nel 1238, durante il regno di Ivan Asen II e del patriarca Vasilij, nell’allora capitale Tirnovo, per finalmente ritornare nel 1469 al Monastero di Rila, che nel frattempo era stato ricostruito dopo la sua distruzione ad opera di bande di briganti. Nel 1961 il Monastero fu confiscato dal regime comunista e trasformato in Museo nazionale, ma tanta fu la pressione popolare che i monaci dovettero essere richiamati nella loro sede. Il Monastero mariano di Rila rappresenta dunque ancora oggi il cuore del cristianesimo bulgaro e della stessa cultura nazionale. Sorge in una regione montuosa, a 1147 metri di altitudine, a pochi chilometri dalla strada statale che unisce Sofia alla città greca di Salonicco, e si presenta circondato da mura come una vera e propria fortezza.
Possiede una chiesa a tre navate, decorata all’esterno da vivaci dipinti a soggetto biblico e tutta affrescata all’interno con altre scene bibliche, vari ritratti di santi e di fedeli donatori e leggende apocrife sulla Madonna, mentre nell’abside domina l’icona della Vergine Odigítria del XII secolo. La "Theotókos Ossenovitza", custodita in una Cappella e ornata di pietre preziose, fu offerta dall’Imperatore bizantino Michele Comneno (sec. XIII) in ringraziamento della guarigione sua e di quella del suo grande dignitario Skilitza, per intercessione riconosciuta ad una reliquia di San Giovanni da Rila. L’afflusso dei pellegrini e dei turisti bulgari e stranieri superi oggi le trecentomila unità annue.
La venerazione per San Giovanni di Rila accomuna le Chiese Ortodosse a quella Cattolica. Quest’ultima, pur non avendolo incluso nel Martyrologium Romanum, lo commemora nei calendari delle
Chiese Greco-Cattoliche ed il papa Giovanni Paolo II, che si recò pellegrino sulla sua tomba, lo ha voluto raffigurato nello splendido mosaico della Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, quale sintesi di duemila anni di santità nelle Chiese d’Oriente e d’Occidente.
Ecco alcuni passi del discorso pronunciato dal Santo Padre il 25 maggio 2002: “Il beato Giovanni di Rila – che ho voluto raffigurato con altri santi orientali ed occidentali nel mosaico della Cappella Redemptoris Mater nel Palazzo Apostolico Vaticano e di cui questo Monastero è testimonianza duratura – udita la parola di Gesù, che gli diceva di rinunciare a tutti i suoi beni per darli ai poveri (cfr Mc 10, 21), lasciò ogni cosa per la perla preziosa del Vangelo, e si pose alla scuola di santi asceti per imparare l'arte della lotta spirituale. [...] Con la lotta spirituale, il beato Giovanni di Rila visse anche la "sottomissione" nell'obbedienza e nel servizio reciproco richiesti dalla vita comune. Il cenobio è il luogo della realizzazione quotidiana del "comandamento nuovo", è la casa e la scuola della comunione, è lo spazio in cui ci si fa servi dei fratelli come ha voluto essere servo Gesù in mezzo ai suoi (cfr Lc 22, 27). Quale forte testimonianza cristiana offre una comunità monastica quando vive nella carità autentica! Di fronte ad essa, anche i non cristiani sono portati a riconoscere che il Signore è sempre vivo e operante nel suo popolo.
Il Beato Giovanni conobbe, poi, la vita eremitica nella "compunzione" e nel pentimento, ma soprattutto nell'ascolto ininterrotto della Parola e nella preghiera incessante, fino a diventare – come dice san Nilo – un "teologo" (cfr De oratione LX, PG 79, 1180B), un uomo cioè dotato di una sapienza che non è di questo mondo, ma che viene dallo Spirito Santo.
Il testamento, che Giovanni scrisse per amore dei suoi discepoli desiderosi di avere una sua ultima parola, è un insegnamento straordinario sulla ricerca e sull'esperienza di Dio per quanti desiderano condurre una autentica vita cristiana e monastica”.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovanni di Rila, pregate per noi.

*San Lauro e Compagni - Martiri (18 Agosto)
Bisanzio - † Ulpiana, Illirico (II secolo)
Gemelli e martiri, Floro e Lauro era stati istruiti nell'arte della scultura. Quando i loro maestri, cristiani come loro, subirono il martirio sotto l'imperatore Adriano (117-138), i due fratelli decisero di lasciare Bisanzio e recarsi nella penisola balcanica mettendosi al servizio del preside romano Licione nella città di Ulpiana (odierna Skopje in Macedonia). A loro si rivolse Licinio, figlio dell'imperatrice Elpidia, per costruire un tempio.
L'opera fu portata a termine. E avvenne anche un fatto straordinario: il figlio del sacerdote pagano Anastasio venne colpito da una scheggia in un occhio e i fratelli operarono il prodigio di guarirlo e convertire il giovane Alessandro al cristianesimo.
Quando videro che nel tempio venivano sistemate statue pagane, organizzarono una processione riparatrice e di notte fecero a pezzi gli idoli. Arrestati e condannati, furono calati in un pozzo e sepolti vivi.

Etimologia: Lauro = alloro, dal latino
Emblema: Palma
La sua celebrazione, unitamente ai santi Floro, Proculo e Massimo, è riportata nel ‘Martirologio Romano’ al 18 agosto e deriva da altre citazioni dei Sinassari e Atti greci. Lauro e Floro sono considerati fratelli, di mestiere tagliapietre o fabbricanti di statue, ma anche costruttori edili, discepoli di Proculo e Massimo a Bisanzio.
I loro maestri, cristiani come loro, subirono il martirio sotto l’imperatore Adriano (117-138), quindi i due fratelli decisero di lasciare Bisanzio e recarsi nell’Illirico (regione storica della Penisola Balcanica, costituita nel 27 a.C. come provincia romana), mettendosi al servizio del preside romano della zona, di nome Licione, nella città di Ulpiana (nell'odierno Kosovo).
Il racconto prosegue dicendo, che essi furono richiesti per costruire un tempio, da un certo Licinio, figlio di una imperatrice di nome Elpidia.
L’opera fu portata egregiamente a termine; ci fu anche un fatto prodigioso, il figlio di Anastasio sacerdote pagano, mentre era presente alla costruzione, per caso venne colpito da una scheggia in un occhio; i due fratelli operarono il prodigio di guarirlo e nel contempo convertirono il giovane Alessandro al cristianesimo, seguito dopo un po’ dallo stesso padre Anastasio.
Ma Floro e Lauro quando videro che nel tempio venivano sistemate delle statue di idoli pagani, organizzarono prima una processione riparatrice di cristiani con la Croce, e poi nottetempo
assoldarono un numeroso gruppo di poveri e con loro penetrarono nel tempio e fecero a pezzi gli idoli.
Furono tutti arrestati e condannati, i poveri vennero bruciati vivi, mentre Floro e Lauro, dopo essere stati interrogati, furono calati in un profondissimo pozzo e sepolti vivi.
Dopo i secoli delle persecuzioni contro il cristianesimo, i loro corpi furono prodigiosamente ritrovati dai cristiani di Ulpiana. Si diceva che le loro reliquie fossero conservate nel monastero greco di Cristo “Pantocreator” a Costantinopoli.
L’uso dei nomi maschili di Floro e Lauro è pressoché scomparso, pur essendoci alcuni santi che ne hanno portato il nome; mentre sono ampiamente diffusi i nomi femminili di Flora e Laura, che comunque ricordano delle sante omonime, che nulla hanno a che vedere con i due fratelli suddetti.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Lauro e Compagni, pregate per noi.

*Beato Leonardo - Abate di Cava (18 Agosto)  

m. 18 agosto 1255
Martirologio Romano:
Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, Beato Leonardo, abate, straordinario uomo di pace. Successore del Beato Balsamo, alla guida della benedettina Abbazia della Trinità di Cava, fu eletto il 13 dicembre 1232, governandola per 23 anni.
Fu uomo dolce e pacifico, saggio e abile amministratore; durante la lotta tra il Papa e l’imperatore Federico II che contraddistinse tutto quel periodo, Leonardo seppe destreggiarsi con intelligenza, senza inimicarsi alcuno, salvando così l’abbazia.
Infatti egli fu chiamato dall’imperatore nel 1245, insieme ad altri ecclesiastici, affinché perorasse la sua causa davanti al Concilio di Lione; lo stesso imperatore ed i papi Innocenzo IV e Alessandro IV, moltiplicarono le concessioni ed i privilegi alla badia, che assunse un ruolo ed un’importanza notevole per tutto il Medioevo.  
I monaci osservavano con fervore la Regola e generosamente soccorrevano le popolazioni colpite dalla guerra.
Nel 1249, la città di Benevento distrutta dai germanici, affidò all’abbazia la custodia delle reliquie di San Bartolomeo e il tesoro diocesano; quando le reliquie furono restituite, una porzione del capo venne donata alla badia.  
Il degno e santo abate morì il 18 agosto 1255 e fu sepolto dapprima nella grotta ‘Arsicia’, il luogo incorporato nella chiesa abbaziale, che fu usata dal fondatore Sant' Alferio, per la sua iniziale vita eremitica.
Nel 1641 gli fu data una diversa sepoltura davanti alla porta del coro; attualmente le sue reliquie sono conservate in un altare laterale della chiesa abbaziale.
Il suo culto fu confermato da papa Pio XI il 16 maggio 1928, la sua festa liturgica ricorre il 18 agosto.  

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Leonardo, pregate per noi.

*San Leone - Martire (18 Agosto)  

Martirologio Romano: A Mira in Licia, nell’odierna Turchia, San Leone, martire.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Leone, pregate per noi.

*San Macario di Pelecete - Abate (18 Agosto)

Martirologio Romano: In Bitinia, nell’odierna Turchia, transito di San Macario, egúmeno del monastero di Pelecete, che patì molto sotto l’imperatore Leone V per la difesa delle sacre immagini.
La Vita di Macario è stata scritta dal monaco Saba, che si dice suo successore.
Disgraziatamente essa è assai povera di particolari puramente biografici e si dilunga soprattutto sui miracoli.
Il Santo, nato a Costantinopoli, venne battezzato sotto il nome di Cristoforo, che egli lasciò per quello di Macario quando prese l’abito monastico nel bitiniano di san Giovanni Teologo, detto di Pelecete.
Ciò avvenne sotto l’egumeno Giovanni che sottoscrisse il secondo concilio di Nicea (787).
Il novizio si pose sotto la direzione di un esperto monaco e fece rapidi progressi, per questo i suoi confratelli lo scelsero come loro capo; il patriarca Tarasio (784-806), quindi, lo ordinò prete.
Macario fu una delle numerose vittime della persecuzione iconoclasta che l’imperatore Leone V l’Armeno scatenò nell’815.
Nonostante le pressioni subite, egli rimase incrollabile nella fede ortodossa e non si lasciò irretire dagli argomenti capziosi del monaco Giovanni del convento dei santi Sergio e Bacco, il quale riuscì ad
ingannare altri superiori e fu nominato patriarca, nell’832, dall’imperatore Teofilo. Leone V, infine, esiliò Macario ad Afusia, una delle isole della Propontide (Marmara), poste di fronte a Cizico. Liberato dopo l’assassinio del suo persecutore (25 dicembre 820), Macario non poté ritornare a Pelecete, ma non fu più molestato. Si recò, quindi, presso il patriarca Niceforo, deposto nell’815, che viveva in un monastero da lui fondato sulla costa orientale del Bosforo.
Fu probabilmente in quelle vicinanze che Macario fondò un nuovo monastero. L’imperatore Teofilo (829-842) lo perseguitò a sua volta e, per punirlo della sua resistenza, lo rimandò ad Afusia, dove Macario raccolse nuovi discepoli.
Morì il 18 agosto, probabilmente dell’840. Cinque lettere da lui indirizzate a san Teodoro Studita dimostrano in quale stima fosse tenuto dai monaci dell’Olimpo: egli continuava a dirigere da lontano quelli di Pelecete e conservava autorità su quelli del Bosforo e di Afusia. Nella sua ultima allocuzione ai monaci, si rivolse in particolare a Doroteo e a Saba «superiori dei fratelli» (il secondo è verosimilmente il Saba autore della Vita).
Lui e Doroteo dovevano essere in seguito posti a capo dei due monasteri, fondati dopo la prima persecuzione.
Benché morto il 18 agosto, Macario è commemorato nei sinassari bizantini al 1° aprile.

(Autore: Raymond Janin - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Macario di Pelecete, pregate per noi.

*Beato Martino Martinez Pascual - Martire (18 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli della Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Martiri della Guerra di Spagna” - Senza Data (Celebrazioni singole)

Nacque a Valdealgorfa, provincia di Teruel, l'11 novembre 1910. Dopo il quarto anno di teologia nel
Seminario di Saragozza, nel 1934 entrò nella Fraternità e terminò l'ultimo anno di teologia a Tortosa.
Ordinato sacerdote il 15 giugno 1935, fu rispettivamente prefetto e professore nel collegio vocazionale e nel seminario di Murcia.
Seguì gli esercizi spirituali a Tortosa.
Si sottrasse allora alla cattura e per circa venti giorni fuggì da una casa all'altra; si nascose nei campi portando con se l'Eucaristia.
Quando giunse in prigione, dove si trovavano gli altri religiosi, diede a tutti la comunione.
Fu fucilato il 18 agosto 1936, vicino al cimitero del suo paese Valdealgorfa. Aveva 25 anni e 14 mesi di sacerdozio.

Martirologio Romano: Presso Alcáñiz nel territorio di Tortosa in Spagna, Beato Martino Martínez Pascual, sacerdote e martire, che, membro della Società dei Sacerdoti Operai Diocesani, nella medesima circostanza e nello stesso giorno ricevette anch’egli la corona di gloria.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Martino Martinez Pascual, pregate per noi.

*Santi Martiri di Utica (Massa Candida) (18 Agosto)
† Utica, Africa, III-IV secolo
Emblema:
Palma
Martirologio Romano: A Utica in Africa, nell’odierna Tunisia, Santi Martiri della Massa Candida, che, più numerosi dei pesci tratti nella rete dagli Apostoli, fedeli al loro vescovo Quadrato, andarono gloriosamente incontro alla morte, professando tutti insieme Cristo Figlio di Dio.
Non pochi gruppi di santi e martiri nella storia della cristianita sono diventati celebri anche grazie al numero che esprime la loro totalità. Si citano quali esempi i 7 protodiaconi, i 7 apostoli della Bulgaria, i 4 coronati, i 40 martiri di Sebaste, i 120 martiri cinesi.
Il gruppo oggi festeggiato è anch’esso talvolta indicato proprio con un numero, 300, con il quale spesso sono indicate anche le prolificanti reliquie di singoli martiri appartenuti a questa folta schiera. Questa tradizionale cifra non è tuttavia più stata riportata dall’ultima edizione del Martyrologium Romanum, che si limita a qualificarli quale “Massa Candida”, soprannome meritevole di ulteriori approfondimenti.
La vicenda di questi martiri fu tramandata da Prudenzio in una delle sue ballate cristiane, che alluse bizzarramente a questo pittoresco toponimo con il quale la tradizione li ha ricordati.
Il martirologio usa un termine latino assai vago e volutamente ambiguo circa la “massa” o “fattoria”, a seconda di come la si voglia intendere.
Il termine “mas”, nella Francia meridionale, ancora oggi significa infatti cascina. Il martirologio prosegue poi affermando che questi martiri furono più numerosi dei pesci raccolti dagli Apostoli nella rete e, fedeli al loro vescovo Quadrato, testimoniarono insieme Cristo Figlio di Dio, terminarono nobilmente la loro vita terrena.
Il tradizionale racconto riportato un tempo dal Martyrologium era invece assai più preciso e ricco di dettagli: asseriva infatti che sarebbero state trecento persone ad essere martirizzate all’epoca di Valeriano e Gallieno.
Furono sottoposti a svariate torture, tra le quali l’ordine da parte del governatore di scaldare un forno di cemento e preparare incenso e carbone, ordinando poi loro: “Scegliete una di queste due cose: o offrite incenso a Giove su questi carboni o sarete gettati nella fornace”.
Repentinamente tutti si gettarono nella fornace, consumandosi producendo un fumo bianco. “Per tale motivo questo gruppo di santi prese il nome di Massa Candida”, anche se in realtà esso non sarebbe che il nome del luogo, una Cascina Candida dove essi ricevettero sepoltura, anche se non vi sono prove storicamente certe che il loro eccidio si sia compiuto sotto Valeriano.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri di Utica, pregate per noi.

*Beata Paola Montaldi - Vergine (18 Agosto)

Sec. XV
Nata presso Volta Mantovana nel 1443, fu accolta tra le Clarisse del monastero Santa Lucia in Mantova. Il suo corpo è venerato nella chiesa parrocchiale di Volta Mantovana.
Etimologia: Paola = piccola di statura, dal latino
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: A Mantova, Beata Paola Montaldi, vergine, badessa dell’Ordine delle Clarisse, che rifulse per la devozione verso la Passione del Signore, l’assiduità nella preghiera e l’austerità di vita.
Sulle dolci colline che, alla sinistra del Mincio, digradano verso la pianura e i laghi di Mantova, sorge in dominante posizione il paese di Volta Mantovana, centro agricolo di origine medievale, oggi noto anche per le sue cave di pietra e calce.
La chiesa parrocchiale di Volta Mantovana possiede alcune belle tele attribuite al Guercino, e soprattutto conserva il corpo della Beata Paola Montaldi, nata presso Volta Mantovana, nel castello dei Signori del luogo.
In quella chiesa, il corpo della Beata è conservato dal 1872. Prima, per oltre due secoli e mezzo, era restato nella chiesa del monastero di Santa Lucia, a Mantova, cioè nel luogo che per ben 56 anni aveva visto il paziente lavoro di una monaca di clausura per rendere la sua vita spirituale preziosa e delicata come un perfetto, invisibile ricamo.
A volte siamo delusi dalla mancanza di notizie precise e di resoconti esaurienti sulla vita di personaggi, uomini e donne, pervenuti agli onori degli altari, dopo aver trascorso l'intera vita tra le mura di un chiostro.
Bisognerebbe, al contrario, sorprendersi di come l'eco della santità sia riuscito a superare la triplice barriera del silenzio, della clausura e della modestia. Meravigliarci di come sia stato possibile dare un nome e un volto a certe segrete fioriture spirituali, che tutte le circostanze esterne sembrano destinare al silenzio, per non dire all'oblio.
Perciò, anche per la Beata Paola Montaldi basterà riferire i pochi dati della sua biografia e le scarse indiscrezioni sulla sua santità. Ciò che si conosce, anche se messo in luce da un processo canonico ufficiale, è soltanto una piccola parte di ciò che soltanto Dio può sapere.
Nata presso Volta Mantovana, nel castello dei Montaldi, Paola aveva quindici anni quando, nel 1458, si staccò dalla famiglia per seppellire la propria giovinezza in un monastero di clausura.
A quel tempo esistevano a Mantova tre comunità di Clarisse.
La più antica era stata fondata dalla stessa Sant'Agnese, sorella di Santa Chiara. La seconda, intitolata a Santa Lucia, aveva avuto la Regola mitigata dal Papa Urbano IV. La terza era stata da poco fondata, per consiglio di San Bernardino da Siena, dal Marchese Gonzaga e da sua moglie, la Beata Paola.
La Montaldi fu clarissa nel monastero di Santa Lucia, dove visse per 56 anni. Eletta tre volte Badessa, restò ammirevole per modestia, umiltà, silenziosa carità.
Ma entrare nel segreto di queste palesi virtù sarebbe un po' come voler infrangere la clausura e il riserbo di cui ella volontariamente si circondò, e dai quali non si sottrasse neanche con la morte, nel 1514.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Paola Montaldi, pregate per noi.

*Beato Rinaldo da Concorezzo - Vescovo (18 Agosto)  
Milano, 1245 c. - Argenta, 18 agosto 1321
Etimologia:
Rinaldo = potente consigliere, dall'antico tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Ravenna, Beato Rinaldo da Concorezzo, vescovo, insigne per prudenza e carità.
Della nobile famiglia dei Da Concoregio, nacque a Milano fra il 1240 e il 1250; della sua giovinezza non si sa niente, lo si ritrova a Bologna all’Università dove alcuni messi lodigiani vengono a proporgli, a cominciare dall’ottobre 1286, di insegnare Diritto a Lodi; nel maggio 1287, il vescovo di Lodi lo interpella per pareri legali, questo ci fa capire che godeva fama di giureconsulto e infatti ebbe il titolo accademico di ‘magister’ nel 1295.
Nel 1289 entrò nel seguito del vice cancelliere della Curia Romana, il milanese cardinale Pietro Peregrosso, il quale visto i buoni risultati di varie missioni in Francia che portò a termine e le sue capacità, alla sua morte nel 1295 lo designò fra i suoi eredi.
Continuò la sua ascesa nella Curia Romana divenendo segretario del cardinale Benedetto Gaetani e poi cappellano del papa Bonifacio VIII. Il 13 ottobre 1296 il Papa lo nomina vescovo di Vicenza, sede che raggiunse in modo burrascoso, perché nel frattempo i vicentini avevano eletto loro un altro vescovo, ma alla fine l’autorità del papa prevalse.
Ebbe in quel periodo speciali incarichi di diplomazia e arbitrato nelle contese che agitavano Francia e Inghilterra a proposito della Guienna; fu nominato da re Carlo di Valois (1270-1325), chiamato dal Papa a Firenze per appoggiare i ‘Neri’, come vicario (1302) in Romagna divenendo poi rettore spirituale e temporale della Regione.
E in questa funzione si trovò coinvolto nelle note turbolenze della zona in continua guerriglia, a Forlì sua sede, scese in piazza per portare la pace, ma fu assalito e ferito gravemente, guarì
miracolosamente dalle profonde ferite e continuò la sua azione ma senza successo.
Lo “schiaffo di Anagni” e la successiva morte di Bonifacio VIII (11 ottobre 1303) decretarono la caduta dell’autorità pontificia in Romagna. Nello stesso anno, morto l’arcivescovo di Ravenna Obizzo Sanvitale, il clero ignorando le disposizioni del precedente pontefice, che avocava a sé la nomina dei successori, si riunì e diviso in due partiti, elessero ciascuno un successore; il nuovo papa Benedetto XI, accolse la richiesta di quanti avevano designato Rinaldo da Concorezzo, il quale dopo essere stato sostituito nella sede di Vicenza e in quella di rettore della Romagna, nell’ottobre 1305, prese possesso della nuova sede arcivescovile.
Già nel 1307 indisse un Concilio provinciale, ricompose le pendenze con Roma ereditate dal suo predecessore, riprese l’antica pratica delle visite parrocchiali con un preciso cerimoniale. Tenne nel 1309 a Bologna un secondo concilio provinciale e un terzo a Ravenna nel 1311.
Viaggiò molto per i grandi e gravosi incarichi che riceveva sia dal papa che dal re di Francia; girò per le varie città lombarde a tentare le riappacificazioni per conto di Enrico VII, re di Germania.
Fu artefice dell’assoluzione dei Templari italiani nel Concilio di Ravenna, inquisiti e minacciati dello scioglimento dell’Ordine per volere di Filippo il Bello. Condannò insieme ai suoi vescovi suffraganei la tortura e il terrore come mezzi per ottenere confessioni, non accettandole se estorte con questi metodi e in ciò si oppose anche alla volontà del papa Clemente V che ne voleva lo scioglimento.
Del resto nel Concilio di Vienne (1311-1312) pur sciogliendo d’autorità l’Ordine dei Templari, il papa Clemente V, succube del re di Francia, dovette ammettere che nessuna delle accuse era stata provata e Rinaldo che partecipava al Concilio, ebbe così una bella conferma al suo retto agire.
Nel 1314, convocò il quarto Concilio provinciale ad Argenta, con lo scopo di recuperare i beni della Chiesa, ripristinare la disciplina del clero, dei fedeli e del culto. Un quinto ed ultimo Concilio provinciale si tenne a Bologna nel 1317.
Con imponenti lavori fece restaurare la cattedrale di s. Orso, incrementò la predicazione in lingua volgare. Dal 1314 ormai malfermo di salute si stabilì nel castello di Argenta e governò la sede episcopale di Ravenna tramite vicari, man mano estraniandosi dall’azione politica e limitandosi alla cura della diocesi.
Morì il 18 agosto 1321, forse nel suo castello di Argenta, il culto per Rinaldo è stato sempre una costante tradizione della Chiesa ravennate; in un documento del 1340 gli viene attribuito il titolo di ‘beato’; nel 1413 il francescano Niccolò da Rimini ne scrive gli ‘Atti e miracoli’; nel 1566 durante una ricognizione, il corpo fu trovato quasi intatto e con una lunga barba e così viene raffigurato.
Sue reliquie sono a Lodi, Concorezzo, Vicenza, luoghi dove è pure venerato.
Il culto ufficiale fu concesso alla diocesi di Ravenna e alle altre città, da papa Pio IX, il 15 gennaio 1852.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Rinaldo da Concorezzo, pregate per noi.

*Beato Vincenzo Maria Izquierdo Alcon – Presbitero e Martire (18 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna”

Martirologio Romano:
Nel villaggio di Rafelbunyol nel territorio di Valencia in Spagna, Beato Vincenzo Maria Izquierdo Alcòn, sacerdote e martire, ucciso anch’egli in odio alla fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Vincenzo Maria Izquierdo Alcon, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (18 Agosto)

*Beati Gian Battista, Michele Luigi e Giacomo di Rochefort - Carmelitani
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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